Inquinamento digitale: cos’è e come ridurlo attraverso la corretta gestione dei RAEE

Quando pensiamo all’inquinamento, affiorano alla mente immagini di smog, rifiuti per strada e oceani pieni di plastica. Eppure, esiste una forma molto meno visibile ma sempre più impattante: l’inquinamento digitale. Ogni nostra azione online – dall’invio di un’email allo streaming di un film – consuma energia e rilascia emissioni. Allo stesso tempo, la continua produzione e il rapido ricambio di dispositivi elettronici alimentano una catena di sprechi e rifiuti che spesso non vediamo, ma che hanno conseguenze nocive sull’ambiente. Portare attivamente l’attenzione sull’inquinamento digitale significa quindi affrontare un problema sempre più incisivo, che unisce tecnologia, sostenibilità e responsabilità collettiva.

inquinamento digitale

Inquinamento digitale: definizione e significato

Con il termine inquinamento digitale si indicano tutti gli impatti ambientali legati all’uso delle tecnologie digitali: dai computer e smartphone, dai data center alle reti internet, fino alla produzione e allo smaltimento dei dispositivi elettronici. Questo concetto riguarda quindi la ricaduta sul Pianeta, espresso in termini di emissioni di anidride carbonica, derivante dalla produzione, dall’uso e dallo smaltimento di dispositivi elettronici, infrastrutture di rete e servizi online. Secondo il report dell’ICT Environmental impact della Commissione Europea, queste attività rappresentano tra il 2,1% e il 3,9% delle emissioni globali di CO₂, una quota destinata a crescere secondo le stime del World Bank Group, con l’aumento dell’utilizzo del digitale nella vita quotidiana e nelle attività economiche.

Ma non si tratta solo di ciò che accade “online”: anche la vita offline dei device digitali – dal momento della loro fabbricazione fino alla loro dismissione – contribuisce a generare emissioni e consumi energetici rilevanti. Basti pensare al consumo di computer e stampanti di rete, condizionatori e pompe di calore, frigoriferi e impianti di refrigerazione.

Cause dell’inquinamento digitale

Sono diversi i fattori che producono l’inquinamento digitale, ma tutti strettamente legati all’evoluzione tecnologica, alle nostre abitudini quotidiane nonché ai processi industriali e aziendali che necessitano di un supporto informatico e di una connessione:

  • Uso massiccio dei dispositivi elettronici: smartphone, computer, tablet, smart TV e console sono parte integrante della vita di tutti i giorni. Più dispositivi utilizziamo, maggiore è l’energia necessaria per alimentarli e mantenerli operativi.

  • Data center e traffico online: lo streaming video, il gaming, le piattaforme cloud e i social network generano un’enorme quantità di dati che devono essere elaborati e archiviati. I data center che sostengono queste attività sono tra le principali fonti di consumo energetico.

  • Produzione di apparecchi tecnologici: l’estrazione di materie prime rare e i processi industriali richiesti per fabbricare i dispositivi comportano un forte impatto ambientale.

  • Obsolescenza programmata e ciclo rapido dei prodotti tech: i dispositivi diventano rapidamente superati, spingendo i consumatori a sostituirli con nuovi modelli. Questo accelera la crescita dei rifiuti elettronici (RAEE).
  • Sistemi di intelligenza artificiale (AI): l’addestramento e l’uso di modelli avanzati richiedono grandi quantità di energia e risorse informatiche. Questo aumento della domanda di elaborazione e archiviazione contribuisce all’inquinamento digitale, alimentando il consumo dei data center e l’impatto ambientale complessivo delle infrastrutture tecnologiche.

Alcune di queste dinamiche generano un impatto maggiore di altre. Lo streaming video in alta definizione, l’uso eccessivo di cloud e server, e ovviamente la produzione serrata di nuovi dispositivi sono tra le principali fonti di emissioni. Ad ogni modo, le cause dell’inquinamento digitale dimostrano quanto la dimensione immateriale sia in realtà sostenuta da un’infrastruttura tangibile, che pesa sempre più sugli equilibri ambientali.

Impatto sull’ambiente e sulla società

Per comprendere le ricadute dell’inquinamento digitale, è utile chiedersi: qual è, in concreto, l’impatto ambientale delle tecnologie digitali? Ogni email inviata, ogni foto archiviata in cloud od ogni nuovo smartphone acquistato aumenta il consumo di energia e le emissioni di gas serra. Secondo le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), il settore ICT (Information and Communication Technology) è responsabile di una quota significativa della CO₂ globale, e il trend è pericolosamente in crescita. Inoltre, uno studio del think tank francese The Shift Project ha riportato che il comparto IT (Information Technology) contribuisce per circa il 3,7% alle emissioni globali di gas serra e assorbe tra il 4% e il 10% dell’elettricità mondiale, confermando l’impatto rilevante del digitale sull’ambiente.

A ciò si aggiunge il problema dell’estrazione di risorse naturali preziose – come litio, cobalto e terre rare – utilizzate per fabbricare batterie e componenti elettronici. Un processo che non solo esaurisce risorse limitate, ma spesso comporta conseguenze ambientali, sociali e geopolitiche rilevanti.

Non ultimo, l’accumulo senza sosta dei RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) rappresenta una delle sfide più urgenti: milioni di tonnellate di dispositivi dismessi ogni anno finiscono in discarica o vengono smaltiti in modo improprio, liberando sostanze tossiche e perdendo materiali che potrebbero invece essere recuperati e reimmessi nei cicli produttivi.

Come ridurre l’inquinamento digitale

Contrastare l’inquinamento digitale non significa rinunciare alla tecnologia, ma imparare a usarla in modo più consapevole. Ci sono azioni semplici e alla portata di tutti che, se adottate su larga scala, possono marcare la differenza:

  • Pulizia digitale: eliminare periodicamente email inutili, file duplicati e dati archiviati in cloud riduce il fabbisogno di spazio e quindi i consumi energetici dei server.
  • Streaming più sostenibile: preferire lo streaming in qualità standard quando l’alta definizione non è necessaria, scaricare contenuti invece di riprodurli continuamente online.
  • Allungare la vita dei dispositivi: scegliere apparecchi di qualità, ripararli quando possibile, aggiornare software e componenti invece di sostituire subito l’intero device.
  • Scelte consapevoli: privilegiare marchi e fornitori che adottano politiche di sostenibilità e trasparenza sui consumi energetici.
  • Smaltimento corretto: consegnare smartphone, PC e altri apparecchi non più utilizzati nei centri autorizzati di raccolta per i RAEE, in modo che possano essere avviati alle fasi di riciclo e recupero.

La responsabilità individuale è fondamentale, ma non basta: il vero salto di qualità si ottiene solo con un sistema riconosciuto che sappia gestire correttamente il ciclo di vita dei prodotti tecnologici utilizzati per le attività digitali. Ed è qui che entrano in gioco il corretto trattamento dei RAEE e aziende specializzate e qualificate come Dismeco.

Il ruolo dei RAEE nella lotta all’inquinamento digitale

I RAEE rappresentano una delle sfide più rilevanti per contrastare l’inquinamento tecnologico e digitale. In questo contesto ci riferiamo in particolare ai RAEE connessi, ovvero computer, stampanti di rete, smartphone, server e altri dispositivi elettronici collegati a reti e servizi digitali. Una volta giunti a fine vita, questi dispositivi diventano rifiuti che, se non gestiti correttamente, possono inquinare suolo, acqua e aria a causa delle sostanze tossiche contenute.

Innanzitutto, per garantire la tracciabilità e il corretto smaltimento, nel caso di aziende, enti e produttori ogni RAEE deve essere identificato tramite un Formulario Identificazione Rifiuto (FIR) e classificato secondo il codice EER dell’Elenco Europeo dei Rifiuti. Dopodiché può essere avviato ai processi di trattamento, disassemblaggio e riciclo, trasformando le componenti scartate in materiali riutilizzabili. Per i cittadini privati, invece, di solito basta conferire i RAEE nelle apposite isole ecologiche o nei punti di raccolta dedicati, dove le autorità locali garantiscono il corretto smaltimento.

Questo perché i RAEE non sono solo un problema: sono anche una risorsa preziosa. All’interno di questi rifiuti, infatti, si trovano metalli rari, plastiche e materiali che possono essere recuperati e reintrodotti nei cicli produttivi, riducendo così la necessità di estrarre nuove materie prime. Un corretto trattamento dei RAEE è fondamentale per ridurre le emissioni, limitare i danni ambientali e promuovere l’economia circolare.

La sfida dunque è duplice: sensibilizzare i cittadini, le imprese e gli enti affinché conferiscano correttamente i propri dispositivi dismessi e potenziare le filiere di raccolta e riciclo, affidandosi sempre a realtà certificate in grado di trasformare un rifiuto digitale in nuova materia prima.

Dismeco: dalla gestione dei RAEE a un modello circolare

Tra le aziende che hanno fatto della gestione dei RAEE una missione, Dismeco è un punto di riferimento in Emilia Romagna. Fondata a Bologna nel 1977 con l’obiettivo di affrontare in maniera concreta il problema dei rifiuti elettrici ed elettronici, l’impresa ha sviluppato nel tempo un modello che coniuga innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e responsabilità sociale.

Iscritta all’Albo dei Gestori Ambientali, si occupa di tutta la filiera dei rifiuti elettrici ed elettronici: dalla raccolta dei RAEE in loco al trasporto con automezzi certificati, dallo stoccaggio in ambienti sicuri al trattamento, fino al disassemblaggio e al recupero dei metalli e delle parti riciclabili. Dismeco, infatti, non si limita a smaltire i rifiuti aziendali: li valorizza, trasformandoli in nuove risorse attraverso processi completi di recupero e riciclo che permettono di reintrodurre metalli e materie prime nei cicli produttivi. In questo modo, riduce l’impatto ambientale dell’inquinamento digitale e contribuisce a costruire un’economia più circolare ed efficiente.

Accanto all’impegno ambientale, Dismeco porta avanti anche progetti etici e di inclusione sociale, offrendo opportunità di lavoro e formazione a persone provenienti da contesti difficili, come dimostrano l’iniziativa “Utile”, volta a rigenerare lavatrici dismesse per poi consegnarle a famiglie in condizioni di fragilità e “RAEE in Carcere”, che punta al reinserimento nel mondo del lavoro dei detenuti degli istituti penitenziari di Bologna e Ferrara. Una visione che va oltre il semplice riciclo e si traduce in un modello di sviluppo che unisce ambiente, comunità e futuro.

Immagine di copertina: Arthur Lambillotte/Unplash.com

 

Potrebbe interessarti anche: