Terre rare: cosa sono, dove si trovano e perché sono strategiche per il futuro

Le terre rare (in inglese rare earth) sono salite alla ribalta della cronaca per il loro ruolo cruciale nelle tecnologie moderne e per il forte impatto ambientale legato alla loro estrazione nelle cave e conseguente trattamento. Questi elementi, presenti in smartphone, computer, auto elettriche, turbine eoliche e pressoché tutte le tecnologie, sono indispensabili per lo svolgimento di numerose attività, ma richiedono una gestione attenta e sostenibile.

Oltre alle impellenti sfide ambientali, le terre rare sono al centro di delicate dinamiche geopolitiche: la forte dipendenza globale da pochi paesi produttori, in particolare la Cina, ne fa oggi una risorsa strategica oggetto di tensioni internazionali.

Nonostante il nome possa trarre in inganno, queste risorse non sono propriamente “rare” in natura: ciò che le rende speciali è la difficoltà con cui vengono estratte, lavorate e – oggi più che mai – recuperate da prodotti a fine vita. In un contesto internazionale che punta a tecnologie sempre più sostenibili e all’economia circolare, la conoscenza di questi materiali è fondamentale.

cosa sono le terre rare

Cosa sono le terre rare

Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici, di cui 15 appartengono alla serie dei lantanidi, a cui si aggiungono lo scandio (Sc) e l’ittrio (Y). Questi elementi condividono caratteristiche fisiche e chimiche che li rendono necessari per la produzione di magneti permanenti, catalizzatori, leghe speciali e materiali ad alte prestazioni.

La loro storia inizia nel 1794, quando il chimico finlandese Johan Gadolin isolò per la prima volta l’ittrio da un minerale proveniente dalla cava di Ytterby, in Svezia – località che darà il nome anche ad altri elementi del gruppo.

Il termine “rare”, come anticipato, non si riferisce alla loro reale scarsità in natura: molti di questi elementi sono infatti abbondanti nella crosta terrestre, in quantità paragonabili a quelle del rame o del piombo. Tuttavia, si trovano in forma dispersa e raramente concentrata, rendendo il processo di estrazione difficoltoso, costoso e a forte impatto ambientale.

Quali sono le terre rare

I 17 elementi chimici che compongono l’elenco delle terre rare sono: Scandio, Ittrio e i 15 lantanoidi ovvero, Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio e Lutezio, secondo l’ordine della tavola periodica.

A cosa servono le terre rare e in quali beni si trovano

Le terre rare, sono metalli strategici con proprietà chimico-fisiche indispensabili per il funzionamento di dispositivi e tecnologie che necessitano di campi elettromagnetici o corrente elettrica. Per questo sono diffusi in molti ambiti civili e industriali come telecomunicazioni, energia, trasporti, sanità, sicurezza, finanza e istruzione.

Inoltre, sono molto importanti per favorire la transizione ecologica e digitale. Ecco alcuni esempi concreti:

  • Tecnologia e mobilità: il neodimio e il disprosio sono impiegati per produrre magneti ultra-potenti, utilizzati nei motori elettrici, nelle auto ibride e negli hard disk.

  • Energia rinnovabile: componenti chiave nelle turbine eoliche e nei pannelli solari di ultima generazione.

  • Elettronica di consumo: smartphone, tablet, auricolari, LED, televisori di nuova generazione.

  • Sanità: apparecchi diagnostici avanzati, come le macchine per la risonanza magnetica.

  • Difesa: radar, missili e altri dispositivi ad alta tecnologia.

Non sorprende, quindi, che siano alla base di moltissimi beni manifatturieri: un singolo smartphone, ad esempio, può contenere fino a otto terre rare diverse, così come dispositivi medici, mezzi agricoli, materiali per l’edilizia, infrastrutture critiche e beni militari non potrebbero esistere senza rare earth elements (REE), come vengono definiti nei paesi anglosassoni – locuzione ormai ricorrente nei settori high-tech, industriali e strategici.

Dove si estraggono le terre rare

I maggiori giacimenti di terre rare si trovano in Asia, Russia, Africa, Sud America, Canada e Australia. Oggi la Cina è il principale produttore mondiale, con oltre il 60% dell’estrazione globale, e un ruolo dominante anche nelle fasi di raffinazione e separazione, che raggiunge l’80-90% del mercato. Altri paesi produttori sono: Stati Uniti, Australia, Russia, Brasile e Sudafrica.

In Europa esistono giacimenti interessanti, in particolare in Scandinavia (Norvegia, Svezia e Groenlandia), Spagna e nella parte europea della Russia, ma la produzione è ancora marginale. In Italia, alcune aree mostrano potenziale geologico (Alpi occidentali, Appennino Ligure-Toscano, Trentino, Carnia e Sardegna), ma non sono ancora attive miniere industriali deputate all’estrazione.

Questo quadro rende l’Unione Europea fortemente dipendente dalle importazioni, soprattutto da Pechino, un aspetto strategico sempre più rilevante nelle politiche energetiche e industriali.

Che impatto hanno sull’ambiente le terre rare?

L’impatto ambientale legato alle terre rare è tra gli aspetti più critici della loro filiera. Le fasi di estrazione, separazione e raffinazione sono processi ad alta intensità energetica e richiedono l’impiego massiccio di acidi, solventi chimici e grandi quantità di acqua. Il risultato? Un elevato rischio di contaminazione di suolo, aria e falde acquifere, oltre alla produzione di fanghi radioattivi e rifiuti tossici difficili da gestire.

In molti paesi, soprattutto dove le normative ambientali sono fragili o scarsamente applicate, queste attività hanno provocato danni ambientali irreversibili e gravi conseguenze per la salute delle popolazioni locali. Si tratta di un evidente paradosso ambientale: elementi fondamentali per tecnologie green come auto elettriche, pannelli solari e turbine eoliche, generano impatti fortemente inquinanti nella fase a monte della filiera.

Ma non è solo una questione ambientale. C’è anche una fragile dimensione geopolitica: la concentrazione della produzione in un numero ristretto di paesi – in primis la Cina – espone il mercato globale a rischi di approvvigionamento e forti squilibri economici. Per questo motivo, la Commissione Europea ha inserito le terre rare nell’elenco delle materie prime critiche, promuovendo politiche per diversificare le fonti e rafforzare le filiere interne.

Recupero delle terre rare dai RAEE: la vera sfida del futuro

In uno scenario di crescente domanda e vulnerabilità delle forniture, il recupero delle terre rare dai RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) rappresenta una delle leve strategiche al tempo stesso più urgenti e promettenti.

Molti oggetti tecnologici di uso quotidiano – frigoriferi aziendali, condizionatori, computer, televisori, stampanti e fotocopiatrici, smartphone, apparecchiature elettromedicali e toner esausti – contengono infatti terre rare, essenziali per il funzionamento di circuiti stampati, display, batterie e motori elettrici. Una volta giunti a fine vita, questi dispositivi diventano potenziali miniere urbane, ancora troppo poco sfruttate. Tuttavia, ad oggi solo una frazione minima di questi materiali viene effettivamente recuperata. Le ragioni sono molteplici:

  • la complessità tecnica del processo di separazione;
  • la scarsa tracciabilità dei flussi di RAEE;
  • la mancanza di infrastrutture adeguate e di un sistema di riciclo diffuso ed efficiente.

Eppure, il potenziale è enorme: valorizzare questi materiali significa ridurre la dipendenza dalle importazioni, abbattere le emissioni legate all’estrazione primaria e promuovere la nascita di nuove filiere industriali ispirate ai principi dell’economia circolare.

Per affrontare questa sfida, è fondamentale favorire lo sviluppo e il consolidamento di aziende in grado di gestire in modo efficiente e sostenibile il recupero dei materiali critici, adottando tecnologie avanzate, processi a basso impatto ambientale e modelli industriali capaci di restituire valore ai dispositivi dismessi, nel pieno rispetto della normativa comunitaria prevista per i RAEE.

Il riciclo delle terre rare non rappresenta più soltanto un’opportunità: diventa una necessità strategica per coniugare innovazione tecnologica, responsabilità ambientale e autonomia industriale a livello nazionale ed europeo.

Dismeco: eccellenza italiana impegnata in progettualità volte al recupero delle terre rare dai RAEE

In questo complesso scenario, Dismeco rappresenta una best practice italiana per l’economia circolare. L’azienda, fondata a Bologna nel 1977 e oggi attiva in tutta Emilia Romagna, è specializzata nella gestione completa dei RAEE aziendali e urbani, dal trattamento al riciclo, con tecnologie all’avanguardia per il recupero selettivo dei materiali critici e impegnata in progetti europei con finalità di riciclaggio delle terre rare.

Con sede a Marzabotto (BO), l’azienda è iscritta all’Albo dei Gestori Ambientali e segue in prima persona e senza intermediari tutte le fasi: dalla raccolta diretta dei rifiuti elettronici al trasporto con mezzi autorizzati, dallo stoccaggio in spazi controllati al trattamento finalizzato alla rimozione delle sostanze pericolose, fino al recupero e alla valorizzazione delle frazioni riciclabili. Grazie ai suoi impianti, infatti, ogni anno avvia a recupero tonnellate di rifiuti elettronici, contribuendo in modo concreto alla riduzione dell’impatto ambientale e alla valorizzazione delle materie prime seconde.

Inoltre, Dismeco collabora da tempo con enti di ricerca, università e partner istituzionali per promuovere modelli di produzione e consumo responsabili, attraverso progetti etici e sostenibili.

Immagine di copertina: Jason Leung/Unplash.com

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